La Corte Europea ha da sempre interpretato l’art. 7 CEDU nel senso di una codificazione del divieto, per gli Stati membri, di imporre una pena più grave di quella applicabile nel momento in cui il reato è stato commesso, secondo il criterio che identifica la “legge” nei contorni di “regola di giudizio accessibile e prevedibile”, nei cui confronti il consociato nutre un legittimo affidamento.
In particolare, con la sentenza M. c. Germania (ric. N. 19359/2004) è stato affermato il principio in base al quale la prevedibilità cui si riferisce l’art. 7 CEDU non riguarda soltanto la sanzione ma anche la sua esecuzione, senza che, a tali fini, sia determinante il settore ordinamentale nazionale sul cui versante si colloca l’espiazione, ovvero se di diritto sostanziale o processuale.
Il fondamentale – e qui rilevante – aspetto, che involge il rispetto dell’affidamento del consociato, si individua nella posizione del condannato, ai cui occhi l’eventuale condanna non avrebbe necessariamente comportato una pena carceraria (perché sospesa o espiata extra moenia): il suo affidamento è stato, dunque, irrimediabilmente travolto dall’immediata vigenza delle disposizioni della Legge c.d. “Spazzacorrotti”, le quali devono, pertanto, considerarsi un mutamento imprevedibile e indipendente dalla sfera del controllo del reo, tale da modificare il quadro normativo che questi aveva di fronte a sé nel momento in cui si è determinato nella sua scelta delinquenziale.