Affidamento in prova: obbligo di motivazione

By 17 Febbraio 2019 14 Marzo, 2019 Articoli

La Suprema Corte traccia i confini dell’obbligo di motivazione, ribadendone i concetti di specificità e completezza.

 

Con riferimento al caso in esame le tematiche affrontate dalla decisione si incentrano sulla genericità della motivazione dell’ordinanza impugnata e della mancata valutazione di altri elementi dedotti che dovevano indefettibilmente far parte della valutazione complessiva.

La trama argomentativa che sorreggeva il dispositivo, invero, si fondava esclusivamente sulla gravità delle condotte delittuose oggetto della condanna; sull’entità della pena da espiare e sulla gravità dei precedenti penali.

Il Tribunale riteneva che l’affidamento in prova fosse pertanto misura eccessivamente ampia senza alcun cenno agli elementi positivi della condotta dedotti dalla difesa, tra i quali il percorso rieducazionale intrapreso anche con attività di volontariato.

Pur nel rispetto del potere discrezionale del Giudice, il mero ricorso ad espressioni generiche, senza indicazione delle scelte logico -interpretative sottese al giudizio di diniego, configurava la cosiddetta motivazione apparente ed implicava la disarticolazione dell’intero ragionamento svolto dal Giudice, così da vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione stessa.

La Suprema Corte in accoglimento del ricorso, ribadiva che  i criteri e i mezzi di conoscenza utilizzabili dal Tribunale di Sorveglianza, per pervenire a una positiva valutazione, hanno ad oggetto non solo il reato commesso, i precedenti penali le pendenze processuali, ma anche, e in pari grado di rilievo prognostico, la condotta (intra ed extramuraria), atteso che la finalità dell’espiazione della sanzione penale è proprio rappresentata da queste risultanze, il cui rilievo costituzionale deve essere rispettato.

La censura all’ordinanza impugnata, secondo la Suprema Corte, si ravvisava proprio nell’aver fatto una considerazione assoluta della pericolosità, derivante unicamente dai reati commessi in passato, ponendoli da soli a sostegno della motivazione senza uguale e adeguata considerazione dei diversi altri fattori riguardanti l’evoluzione della personalità del condannato successiva alla consumazione della condotta sanzionata.

La Corte ribadiva che, pur potendo la reiezione dell’istanza di affidamento considerarsi validamente motivata anche sulla base delle sole informazioni fornite da organi di polizia e dai servizi sociali, quando pongano in luce la negativa personalità dell’istante, il Tribunale è comunque tenuto a valutare anche tutti gli altri fattori prospettati per giungere al giudizio prognostico concernente la concessione della misura dell’affidamento (Cass. Sez. I n. 39853/2018 del 18.05.2018).

 

Milano, 17/02/2019
Avv. Michela Andresano

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